martedì 13 novembre 2012

COME METTERE IN REGOLA IL PROPRIO LOCALE


LA NORMATIVA IN MATERIA E’ CHIARA.
MA IL LOCALE E’ RESPONSABILE ANCHE VERSO I CLIENTI. PER QUESTO NON BISOGNA ABBASSARE LA GUARDIA.
di lavoro e raccoglie tutte le disposizioni esistenti all’ interno del TUSL Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81).

1. Di chi è la responsabilità degli incidenti?
Il gestore, avendone responsabilità civile e penale, deve garantire la sicurezza degli ambienti di lavoro, delle
attrezzature e del corretto comportamen-to dei lavoratori.
Secondo l’art. 2087 c.c. “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore”.
Tale articolo non detta un elenco di cose da fare, ma indica le valutazioni che l’imprenditore dovrà fare per predisporre adeguate misure di sicurezza secondo il contesto lavorativo, l’esperienza accumulata e le nuove conoscenze date dal processo tecnologico.
Il codice penale non è da meno: parla di omissione e di
rimozione delle cautele previste per evitare l’infortunio
(art. 437 e 451 c.p.), oltre alle responsabilità dovute dal danno causato all’integrità fisica del lavoratore che
concretizzano i reati di lesioni personali colpo-
se (art. 590 c.p.) e nei casi più gravi di omicidio colposo (art. 589 c.p.).

2. Cucine e impianti elettrici a norma?
Si è accertato che la maggior parte degli incidenti in cucina accadono a causa di spazi ristretti e angusti; le cucine quindi non potranno avere una superficie inferiore a 8 mq per quelle alte 2.70 m e 9 mq per quelle superiori ai 3 metri di altezza.
Dovranno comunque essere previsti almeno 2 mq per ogni addetto che opera all’interno dell’ambiente.
I pavimenti della cucina dovranno essere antiscivolo, lavabili e disinfettabili. Le pareti avranno le stesse caratteristiche dei pavimenti fino a 2 metri di altezza.
Gli impianti elettrici dovranno essere realizzati nel rispetto della legge 46/90.
Come ogni altro ambiente di lavoro, il pubblico esercizio non è immune da rischi di infortuni per i lavoratori che operano tra fornelli tavoli e banconi.
Numerosi sono i casi di ricoveri in ospedale di operatori del settore alimentare per:  inalazione di potenti detergenti, cadute, tagli e ustioni.

Norme semplificate
L’archivio Inail tracima di questi casi: dalle cadute accidentali per i pavimenti scivolosi o per le scale strette e
poco  illuminate, alle ustioni dovute a pentole colme di acqua bollente
cadute sul personale di cucina, alle ferite da taglio per il non corretto utilizzo degli strumenti come i coltelli   (si pensi alla difficile operazione di disossamento della carne).
La normativa italiana è una delle più austere e attente al problema degli infortuni sul posto


Gli obblighi del gestore
Deve predisporre adeguati sistemi di sicurezza per evitare lesioni all’integrità fisica dei dipendenti e dei clienti. Se ci sono dei luoghi all’interno del ristorante che presentano situazioni di pericolo il ristoratore è tenuto a segnalarlo a chiunque, predisponendo le strategie antinfortunistiche. Il gestore deve anche applicare tutte le misure, imposte dalle legge o dettate dalla comune prudenza, in conformità con il principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile”, in modo da dimostrare, in caso di infortunio di aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento.
Il gestore dovrà essere in possesso del :

DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
MANUALE DI AUTOCONTROLLO (H.A.C.C.P.)
NOMINA DEL MEDICO  COMPETENTE
CORSO FORMAZIONE IN IGIENE ALIMENTARE (HACCP)
CORSO FORMAZIONE DATORE DI LAVORO – RSPP
CORSO FORMAZIONE RAPPRESENTANTE DEI
  LAVORATORI –RLS
FORMAZIONE ED INFORMAZIONE BASE E SPECIFICA
  PER  LAVORATORI
FORMAZIONE ADDETTI ANTINCENDIO
FORMAZIONE ADDETTI AL PRIMO SOCCORSO

                                                                                                     
           Per ulteriori chiarimenti : sicurgarda@gmail.com

lunedì 12 novembre 2012

Alimentazione, i danni dell’acrilamide

Il ricco aroma di caffè tostato, il colore bruno-dorato delle croccanti patatine fritte sono sufficienti a far venire l’acquolina in bocca alla maggior parte delle persone.
Ma la cottura ad alte temperature, necessaria a donare agli alimenti il loro seducente sapore, l’invitante profumo e la tipica consistenza, crea anche un problema: acrilamide, una sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo.
L'acrilamide è una sostanza molto tossica che si forma durante il processo di cottura, a temperature elevate, degli alimenti ricchi di carboidrati. Questo è uno dei motivi per cui gli esperti consigliano di limitare il consumo di cibi fritti, soprattutto se questi vengono impanati prima di essere messi nell'olio bollente (la farina ed il pangrattato sono ricchi di amido). Proprio per la sua natura, il problema acrilamide concerne sia gli alimenti preparati nell'ambiente domestico, sia i prodotti di origine industriale (patatine fritte, cibi precotti, fast food ecc.).
Scienziati svedesi hanno scoperto nel 2002 che una vasta gamma di prodotti fritti contengono un livello preoccupante di acrilamide: una molecola organica semplice che funge da neurotossina, cancerogena negli studi sui ratti. Tale scoperta ha suscitato uno forzo internazionale per ridurre le concentrazioni della sostanza chimica, cambiando gli ingredienti ed i metodi di cottura.
Dieci anni dopo, una relazione italiana pubblicata dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) a Parma, dimostra che i vari sforzi effettuati per ridurre il livello di acrilamide sono in stallo, dimostrando incertezza circa i veri effetti dannosi dell’acrilamide e sui vari sforzi effettuati per estirpare un neo presente in tantissimi prodotti alimentari.
Poco dopo la scoperta svedese, due squadre di ricercatori, una guidata da Donald Mottram, chimico presso l’Università di Reading (Regno Unito), l’altra da Richard Stadler della Nestlè di Losanna (Svizzera), hanno sviluppato degli studi per ricercare le cause chimiche che stanno alla base di questo problema. Essi scoprirono che gli zuccheri e gli amminoacidi come l’asparagina presente nelle patate e nei cereali producevano acrilamide (C3H5NO) come sottoprodotto della reazione di Maillard, il processo che genera la miscela inebriante di colore, aroma e sapore nei cibi cotti. Quindi, la formazione di questa sostanza comincia a temperature superiori ai 120ºC e diventa massima intorno ai 190°C; come ricordato è maggiore per gli alimenti ricchi di amido (patate, cereali) e per il caffè. La produzione di acrilamide è facilitata dall'assenza di acqua e dalla presenza di asparagina (un amminoacido) e di uno zucchero ridotto (come il glucosio od il fruttosio contenuti soprattutto nelle patate, ma anche nei cibi caramellati).
Successivi studi epidemiologici, che hanno riguardato decine di migliaia di persone, hanno cercato legami tra l’acrilamide e varie forme di cancro presente negli esseri umani, come quello al seno e quello al colon retto. Per la maggior parte, i risultati sono stati negativi. Nel 2007, tuttavia, uno studio olandese, effettuato su quasi 2600 donne, ha rilevato che, tra coloro che non avevano mai fumato, le donne che consumavano circa 40 microgrammi di acrilamide per giorno,  avevano un rischio di sviluppare tumore al seno e alle ovaie, raddoppiato rispetto a chi ne assumeva solamente 10 microgrammi/die. Recentemente, uno studio, ha dimostrato che donne in gravidanza che assumono cibi ricchi di acrilamide, hanno la tendenza a partorire bambini più piccoli.
Nonostante l’incertezza sui reali danni dell’acrilamide, legislatori europei ed i produttori alimentari stanno agendo per tenere sotto controllo il problema. Dal 2005, il gruppo industriale Food Drink Europe, ha sviluppato un  toolbox di azioni utili a contribuire alla riduzione di acrilamide negli alimenti, come ad esempio cambiando la varietà di patate o le condizioni di conservazione e riducendo la temperatura di cottura. Secondo Beate Kettlitz, direttore del gruppo di politica alimentare, il 90% delle grandi e medie aziende in Europa, seleziona varietà di patate con un basso livello di zuccheri che possono formare acrilamide e controlla i tempi e la durata della cottura delle patatine fritte.
Nel 2007, la Commissione Europea, ha incaricato l'EFSA di raccogliere i dati annuali sui livelli di acrilamide. La scorsa settimana, l'autorità ha rilasciato i dati più recenti, i quali mostrano che i livelli di acrilamide nei prodotti alimentari finiti, è  cambiata tra il 2007 e il 2010. Ci sono stati successi isolati: come ad esempio nel pane morbido, dove i livelli medi di acrilamide sono scesi di 75-30 microgrammi per chilogrammo. Ma per le fette biscottate, la media sale,  232-249 microgrammi per kg. Nel complesso, il 6-17% delle categorie di alimenti testati, superano 'i valori indicativi di preoccupazione' stabilite dalla Commissione europea nel 2011. (see ‘Would you like acrylamide with that?’).
Perciò come sempre bisogna stare molto attenti a ciò che si mangia. Bisogna considerare che l’acrilamide non è l’unico problema dei cibi fritti o troppo cotti, poiché bisogna considerare anche i vari IPA che si possono trovare nelle parti bruciate degli alimenti.
Una dieta equilibrata con un tenore di grassi ridotto, ma ricca di frutta e verdura, abbinata ad una regolare attività sportiva, costituisce la migliore premessa per una buona salute. Eliminare parti arrostite o carbonizzate da una fetta di pane troppo tostata, aiuta a ridurre i pericoli dell'acrilamide. Un buon fritto fatto in casa, rispettando alcune regole importanti (scegliere un olio con alto punto di fumo, mai il burro, mantenerlo ad una temperatura di 170°C e cambiarlo di volta in volta senza "rabboccarlo") è sicuramente migliore di una porzione gigante di patatine fritte da fastfood. Tuttavia, se possibile, è meglio preferire altri metodi di cottura, come quella al vapore, la bollitura ed il cartoccio (inadatto per cibi acidi, come limoni e pomodori, perché la loro azione combinata con il calore favorisce il rilascio di alluminio dalla stagnola). Più in generale è importante eseguire sempre una cottura scarsa od appena sufficiente, mai esagerata. Questo provvedimento, oltre a proteggerci dall'acrilamide, assicurerà una perdita ridotta delle vitamine e di altri preziosi micronutrienti contenuti soprattutto nei prodotti vegetali. L'associazione di alimenti fritti con verdure fresche diminuisce i rischi associati all'acrilamide e ad altre sostanze tossiche che si sviluppano durante il processo di cottura (sia perché le fibre ne riducono l'assorbimento sia per il loro prezioso carico di antiossidanti ad azione antimutagena).

lunedì 5 novembre 2012

STRESS LAVORO CORRELATO: IMPORTANTE CAUSA DI MALATTIE CARDIACHE

Alla famosa citazione di Voltaire "il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio e il bisogno", oggi potremmo aggiungere "ma fa anche ammalare di più". Secondo un nuovo studio condotto dagli scienziati della University College of London (Ucl) - pubblicato sulla rivista Lancet - avere un lavoro stressante aumenta del 23% il rischio di infarto. Risultati in tal senso erano già noti, ma in questo caso i dati analizzati provengono da ben 13 studi separati condotti su quasi 200.000 persone sane tra il 1985 e il 2006 in diversi paesi europei: un campione più che mai affidabile che ha permesso di associare cardiopatie e stress da lavoro in modo più significativo rispetto a quanto fatto finora.
In Italia, già dal 2010 è obbligatorio valutare il livello di stress presente nelle varie attività lavorative. La valutazione prevede una prima individuazione della presenza dei fattori di rischio stress e di un giudizio preliminare di presenza o assenza di stress. Successivamente si può passare ad una valutazione più specifica, utilizzando questionari personali che vanno ad individuare la situazione di ogni soggetto. Tutto questo viene svolto perché quello dello stress, in alcuni casi può essere un problema importante, sia per la salute dei lavoratori, che per le tasche dei datori. Secondo i dati INAIL infatti, lo stress è un problema che interessa il 22 % dei cittadini dell’unione europea e il 27 % dei lavoratori italiani. Annualmente il 50-60% delle giornate lavorative perse sono causate dallo stress lavoro correlato, causando un costo economico annuale che si aggira sui 20 miliardi di Euro. E’ noto che un lavoratore, che perde una giornata lavorativa, al datore di lavoro costa circa 5 volte di più rispetto ad un lavoratore che svolge normalmente la sua attività, perciò da questi dati si capisce quanto sia importante valutare e prevenire lo stress sul luogo di lavoro, per evitare spese inutili.
Inoltre, fatto ancora più importante, lo stress lavoro correlato, non causa solo danni alla salute psichica dei lavoratori, ma comporta anche problematiche a livello strettamente fisico. Alcune di queste sono l’abbassamento delle difese immunitarie, con conseguente predisposizione ad ammalarsi con più facilità, e appunto l’iperattività (danno che può riscontrarsi anche quando il lavoratore è esposto a livelli di rumore eccessivi).  Lo studio della  University College of London (Ucl), non fa altro che confermare queste teorie, dimostrando quanto lo stress sia una causa importante di malattie cardiache (infarti soprattutto).
Perciò è fondamentale curare questo aspetto. Ma come si può ridurre lo stress presente sul luogo di lavoro? La formula per risolvere il problema non è facile, e soprattutto non è standard. Per risolvere e prevenire i vari fattori di rischio, bisogna prima di tutto capire da dove questi derivano, e come agiscono sui lavoratori. Per fare questo bisogna prima di tutto valutare il rischio, per capire appunto come si può intervenire. Infatti prima di effettuare qualsiasi misura preventiva, si deve essere a conoscenza dei reali problemi presenti in azienda, per poter fare un intervento mirato, che non sia inutile e che serva davvero a migliorare la situazione. Una volta valutato e capito il problema, si deve intervenire per ridurre il rischio. I metodi sono diversi in base alla fonti del rischio. Sicuramente l’aiuto di esperti come tecnici della prevenzione, medici del lavoro e psicologi del lavoro può facilitare le operazioni. Comunque per prevenire i rischi legati allo stress lavoro correlato è utile intervenire su diversi aspetti del lavoro. Ad esempio sui turni e sull’organizzazione, sulla gratificazione del lavoratore (non solo economica), sul comfort dell’ambiente lavorativo, sui fattori di rischio come rumore o presenza di sostanze nocive e tossiche, sulla comunicazione tra lavoratori e tra lavoratori e datore. Tutto questo lo si deve fare tenendo sempre presente che un lavoratore senza stress, costa di meno, produce di più, lavora meglio e vive meglio.