mercoledì 24 luglio 2013

Polveri sottili: il nemico numero uno dell’aria atmosferica europea

L’art.268 del T.U. dell’Ambiente D.Lgs.152/2006 e s.m.i.  definisce l’inquinamento atmosferico come:  “ogni modificazione dell’aria atmosferica  dovuta all’introduzione  nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere  o  da costituire pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o  compromettere  gli  usi legittimi dell’ambiente”.
Tale articolo definisce anche cosa è una emissione: “qualsiasi sostanza solida,liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico”. E’ inoltre utile chiarire che cosa sono le polveri sottili,in quanto rappresentano l’inquinante chiamato in causa nello studio che si andrà a descrivere in seguito.
In generale con la sigla Pmx (Particulate Matter) si intende una frazione di materiale avente  diametro aerodinamico  medio,  inferiore a  “X” microgrammi. Il concetto di diametro aerodinamico è stato introdotto in quanto le particelle presenti in atmosfera non sono perfettamente sferiche ma presentano forme irregolari. In base alla definizione data,distinguiamo  la frazione fine rappresentata dal Pm2,5 e la frazione grossolana data dalle particelle comprese nel range Pm10-Pm2,5. Questo particolato è composto da  svariate sostanze  e per tale motivo non può essere considerato come un unico inquinante ma come miscela eterogenea. Tra le componenti troviamo: sabbia,polveri,metalli,fibre di origine artificiale o naturale,ioni inorganici (solfati,nitrati,cloruri),composti silicati,carbonio organico ed elementare,materiale biologico come pollini,batteri,spore,piccoli frammenti vegetali.
Nel corso di questo mese sulla rivista scientifica “ Lancet Oncology” sono apparsi i risultati non molto rassicuranti  di una ricerca prettamente europea alla quale ha partecipato anche l’Italia con il gruppo di ricerca dell’ Istituto Nazionale dei Tumori di Milano;in particolare le città di Torino,Varese e Roma,sono state  l’ oggetto di studio,e sono risultate essere tra le peggiori.
Come già si sapeva,il tumore al polmone costituisce la prima causa di morte dei Paesi industrializzati,per dare qualche numero,solo in Italia nell’anno 2010 l’incidenza( i nuovi casi) è stata di 31.051.
Tale ricerca di matrice europea  è stata condotta su ben 300 mila persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni  di 9 Paesi europei (Svezia,Norvegia,Danimarca,Olanda,Regno Unito,Austria,Spagna,Grecia e Italia),e si è potuto constatare  che maggiore è la quantità di inquinanti nell’aria,tanto più aumenta il rischio di sviluppare tumore al polmone.
In particolare in questo studio ci si è focalizzati sulle misurazioni delle polveri sottili provenienti da fonti come le attività industriali,gli impianti di riscaldamento e i motori a scoppio.
Le conclusioni di questo studio sono state le seguenti : se la quantità di Pm 10 aumenta di 10 microgrammi per metro cubo,il rischio di tumore al polmone aumenta del 22%  e cresce al 51% per  l’adenocarcinoma polmonare,un tipo di malattia cronico degenerativa che si sviluppa in un consistente numero di non fumatori. Inoltre ciò che si è potuto notare  nel corso dello studio,è che se l’individuo non si è mai spostato dal luogo di residenza dove si registra l’alto tasso di inquinamento,il tumore al polmone raddoppia e l’adenocarcinoma triplica. Le normative in vigore dal 2010 e dettate dalla Comunità Europea,prevedono che per i Pm10 si debba stare al di sotto dei 40microgrammi per metro cubo,mentre per i Pm 2,5 al di sotto dei 20 microgrammi per metro cubo.

Il rispetto delle normative rappresenta un punto  fondamentale per iniziare ad  attuare una buona “politica” di prevenzione,gli enti come l’ARPA e l’ISPRA con costanza si occupano di tener monitorate le  diverse realtà a partire da quelle locali tramite misurazioni e analisi,a livello mondiale si sono fatti dei protocolli (es. il protocollo di Kyoto)da rispettare per cercare di ridurre il problema dell’inquinamento,tutto questo però  sembra non essere  sufficiente visti i risultati,c’è ancora tanto lavoro da fare per tutti anche nel nostro piccolo,l’importante è non perdere mai la volontà di voler migliorare,in fondo è della Nostra salute che si sta parlando!

A cura di: Laura Fornari

mercoledì 10 luglio 2013

“L’introduzione delle procedure standardizzate nella redazione della valutazione dei rischi”

Le procedure standardizzate possiamo definirle come dei modelli a cui fare riferimento per stilare la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro,con lo scopo di individuare i rischi presenti  in una determinata  azienda e in seguito di poter adottare le idonee misure di prevenzione e redigere uno specifico  piano di miglioramento, utili a garantire nel tempo la tutela della salute e la giusta sicurezza per i lavoratori.
Queste ultime, sono state emanate tramite Decreto Interministeriale del 30 Novembre 2012,dopo la approvazione della Commissione Consultiva e relativo parere favorevole della Conferenza  Stato Regioni  tenutasi il  25 Ottobre 2012 e sono entrate in vigore il 6 Febbraio 2013 .
Tali procedure,vanno a sostituire la cosiddetta “Autocertificazione” che non viene  più ritenuta valida dal 31 Maggio scorso. Dal 1 Giugno 2013 infatti,la Valutazione dei rischi viene ad essere  comprovata esclusivamente con il DVR completo  o con un DVR redatto tramite procedure standardizzate.
 Quest’ultimo documento, è rivolto alle micro imprese ed in particolare a tutti i datori di lavoro di aziende che occupano fino a 10 lavoratori e ad aziende che occupano fino a 50 lavoratori.
Il DVR stilato con tali procedure,è nettamente più semplice da elaborare in quanto la valutazione è guidata attraverso un modello di riferimento. La modulistica è cosi composta: MODULO 1.1 descrizione dell’azienda; MODULO 1.2  descrizione del ciclo lavorativo e delle mansioni; MODULO 2. identificazione di tutti i pericoli presenti in azienda tramite una check- list; MODULO 3. la valutazione dei rischi associati ai pericoli identificati e l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione attuate e infine  il piano di miglioramento. Spetta al datore di lavoro dell’azienda e al tecnico della prevenzione preso in carico,con la collaborazione degli RLS e dell’RSPP effettuare la valutazione,redigere il DVR e attuare e gestire gli interventi di miglioramento,verificandone l’avvenuta attuazione.
Esistono delle eccezioni sull’applicazione di queste procedure,infatti esse  non possono essere utilizzate dalle aziende con più di 50 lavoratori; e da aziende  che occupano fino a 50 lavoratori che rientrano in queste categorie: centrali termoelettriche,impianti ed installazioni nucleari,fabbricazione e deposito separato di esplosivi,polveri,munizioni,aziende industriali a rischio rilevante (art.2 del D.Lgs.334/99 e s.m.i.),esposizione dei lavoratori a rischi chimici,biologici,atmosfere esplosive,cancerogeni mutageni connessi con  all’esposizione ad amianto.
Va specificato inoltre che per i datori di lavoro che non hanno ancora effettuato alcuna valutazione,potranno o redigere un DVR completo seguendo le modalità e i contenuti dell’art.28 del D.Lgs.81/08 e s.m.i.  oppure potranno adottare le procedure standardizzate nei casi in cui sia concessa la possibilità di ricorrervi. Invece per quelle aziende che hanno già svolto la valutazione e  che sono già in possesso di un DVR,questo continuerà ad essere ritenuto  valido e dovrà solamente essere revisionato ed aggiornato se necessario. E infine per quelle aziende già in possesso della pregressa Autocertificazione,dovranno scegliere o di elaborare un DVR completo oppure di fare ricorso alle procedure standardizzate.

Concludendo si può dire che tali procedure  applicate nella redazione del DVR hanno portato sicuramente a dei vantaggi,tra cui: il poter operare in modo semplice e guidato; l’essere certi di aver preso in considerazione tutti i rischi presenti; il poter utilizzare un metodo oggettivo della valutazione;velocizzare il processo di valutazione rispetto alla modalità classica; garantire l’uniformità.

A cura di : Laura Fornari